Noi possiamo conoscere noi stessi solo grazie agli altri

Intervista alla dott.ssa Dalila Raccagni - Pedagogista e ricercatrice dell'Università Cattolica di Milano

L’empatia è sempre stato un ingrediente dei Cre. Essendo un’esperienza fatta di incontri e relazioni, questo è un ingrediente fondamentale che, con il tema delle emozioni, riesce ad emergere ancora con più forza. È una sottolineatura importante non solo per il nostro tempo, ma anche per la crescita delle giovani generazioni che al Cre trovano il loro spazio per essere comunità come spiega Dalila Raccagni, pedagogista dell’Università Cattolica di Milano.

Il Cre quest’anno parla di emozioni e tra gli obiettivi educativi proposti per approfondire l’argomento c’è quello dell’empatia. Che significato ha l’empatia nel mondo pedagogico?

L’empatia ha un significato fondamentale per la pedagogia perché è un comportamento connaturale dell’essere umano. Per tale motivo, questa viene definita come una categoria pedagogica. L’empatia è sguardo e parola. Si può parlare di sguardo nel momento in cui, grazie alla comprensione empatica, noi siamo in grado di scorgere il volto dell’altro e, dunque, entrare in relazione con lui. Dall’altra parte, l’empatia è anche parola perché viene pronunciata e ascoltata, compresa e rielaborata e, in modo particolare, forma i soggetti in relazione portandoli poi in un universo di senso condiviso. L’empatia assume dunque un significato fondamentale per la pedagogia proprio perché appartiene alla natura più intima dell’uomo.  

“Confronto”, “misura”, “riflessione”, “condizione di giudicabilità”: entrare in empatia con l’altro richiede uno sforzo non indifferente. Quali sono le ragioni per cui vale la pena superare le prime incertezze? Quali ruoli svolge nella crescita dell’umano?

Come sottolineato dalla domanda, nella forma più matura, l’empatia implica un notevole impegno. Questo impegno ha due componenti. C’è la parte cognitiva perché è volto a cogliere lo schema di riferimento interiore dell’altra persona e poi c’è anche una componente affettiva che trova corrispondenza nella parte più fisica e corporea. Credo, però, che ne valga la pena! È solo in questo modo che possiamo entrare in relazione con l’altro, ma anche conoscere anche noi stessi. Nell’empatia intervengono processi di identificazione, di proiezione di sé, di introiezione, ma anche d’immaginazione. È nella relazione con gli altri che cresciamo, perché privarcene? È uno sforzo che viene ripagato in pieno. Nella crescita dell’uomo, inoltre, l’empatia è importantissima e interviene in modo diverso come diverse sono le sue forme. Esiste l’empatia per contagio emotivo, per condivisione parallela, per partecipazione fino ad arrivare alla più matura che è l’empatia per condizioni generali. Questo perché l’empatia va di pari passo con la crescita della persona: permette al singolo di riconoscersi nella sua unicità e in relazione con gli altri. Sviluppare l’empatia è un processo fondamentale per riconoscersi.

Nonostante l’empatia metta l’individuo in forte relazione con l’altro, l’obiettivo rimane sempre quello di essere se stessi in ogni relazione. Esiste un equilibrio tra contaminazione e “fedeltà” al proprio io? Come si può imparare dall’altro senza correre il rischio di snaturare se stessi?

L’empatia presuppone equilibrio. Con l'atto empatico il soggetto assume l'angolo di visuale dell'altro, ma non si confonde mai con lui: l’io e il tu restano separati ed è proprio questa distinzione a rendere possibile l’incontro. Affinché ci sia una buona coscienza empatica, Antonio Bellingreri sottolinea come devono essere presenti tre condizioni, che appunto permettono di imparare dall’altro senza snaturare se stessi. Il primo è un atteggiamento veritativo ovvero un comportamento che lascia essere l’altro per quello che è e non per quello che io mi aspetto che sia. Il secondo, invece, è un atteggiamento etico che considera l’altro come un valore, un bene in sé a prescindere da qualsiasi cosa. Per ultimo abbiamo l’atteggiamento spirituale o comunitario in cui la relazione c’è solo nel momento in cui c’è un riconoscimento reciproco. È alla luce di queste condizioni che l’empatia non è un rischio, ma un’opportunità.

Sul manuale del Cre-Grest - sempre in relazione a questo tema - è presente questa frase: “L’Io si dà sempre con un Tu”. È il grande tema delle relazioni: quale valenza ha a livello pedagogico? Vale anche nelle situazioni di “conflitto”? Perché? Attraverso quali azioni possiamo vederla realizzare al CRE?

Noi possiamo conoscere noi stessi solo in relazione ad altri: è mediante questo continuo processo di relazione che possiamo diventare pienamente noi stessi. Un indizio di una buona coscienza empatica è proprio essere capaci di provare empatia prima di tutto verso se stessi, ovvero di accettarsi, riconoscersi, amarsi, per poi provare questa cura verso l’altro. È evidente che la relazione con gli altri, però, non è sempre “positiva”, ma appunto possono insorgere conflitti. Davanti a queste situazioni, credo che la regola dovrebbe essere questa: provare a pensare «come se», dunque mettendosi nei panni degli altri. Attraverso questo vincolo empatico la persona può auto-percepirsi in maniera nuova intraprendendo anche una intima modificazione comportamentale. Infine, credo che l’empatia si manifesti al Cre in tutte quelle forme di cura, attenzione, presenza verso gli altri. In questi casi la comprensione empatica si mostra come una modalità comunicativa e relazionale volta a facilitare il rapporto intergenerazionale, favorendo anche il superamento delle incomprensioni, dovute molte volte a fatti contingenti e immediati.

Un consiglio a tutti gli oratori per dare il giusto spazio al tema dell’empatia e all’incontro con l’altro.

Credo sia importante sperimentare l’empatia nei contesti dei nostri Cre grazie ai giochi, ai laboratori, ai momenti di confronto tra pari e con gli adulti. Capisco bene anche la densità che l'empatia comporta sul piano della relazione, specie nell'ambito educativo per via dall’asimmetria che c’è e della responsabilità che ogni educatore ha nei confronti dei giovani. D’altra parte, l'empatia è fondamentale perché credo sia uno dei mezzi con cui comprendiamo e costruiamo la nostra realtà condivisa: il Cre è un’opportunità per essere comunità. Pertanto, l’invito è quello di lasciare spazio all’empatia nei vostri Cre, riconoscendone il giusto valore perché questo significa individuarne il potenziale pastorale e pedagogico.
 
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