Comunicare è ciò che ci rende umani

Intervista a Giorgio Bardaglio sul tema della comunicazione al Cre. Come si lega alle emozioni? Che valore ha al Cre?

Quando si parla di emozioni, non ci si può dimenticare della comunicazione. Al Cre ha sempre giocato un ruolo fondamentale. È attraverso di essa che si incontra l’altro, ci si relaziona e si crea una comunità. Gli animatori, che prima erano pressoché degli sconosciuti, diventano dei nomi che iniziano a circolare nelle case grazie ai racconti dei bambini e viceversa. La comunicazione ci permette di esprimerci, di sperimentare e di farci “portatori autentici di emozioni”, come spiega Giorgio Bardaglio, giornalista di BergamoTV.

Con un CRE sulle emozioni, non poteva mancare un affondo sulla comunicazione. Le emozioni sono ciò che ci sprona a parlare, urlare, gioire e comunicare in tutti i modi. Per lei che è giornalista, che cosa significa la parola “comunicazione”? Che valore gli dà a livello umano?

Comunicare è ciò che ci rende umani perché è ciò che ci introduce alla relazione. Siamo individui perché esistiamo, ma siamo umani perché ci relazioniamo e viviamo una comunità. La comunicazione è ciò che crea la relazione: ci aiuta a mettere insieme tutte le nostre esperienze, a rileggere le emozioni e riordinare i pensieri. Questo è ciò che ci distingue da esseri umani e ci aiuta a vedere l’umano che c’è nell’altro. Quando intervisto qualcuno, lo guardo sempre negli occhi perché lì si trova l’essenza del nostro essere. Questo sguardo fa la differenza e ci fa percepire tutta la nostra umanità. Tra tutti i primati noi siamo gli unici ad avere la sclera bianca, perciò, capiamo immediatamente dov’è direzionato lo sguardo dell’altro. È un elemento cruciale della nostra comunicazione in quanto comprendiamo dove sia diretta l’attenzione. Abbiamo una comunicazione più complessa anche grazie a questo: siamo essere comunicanti.

Spesso capita che il nostro corpo parli per noi e che le emozioni vengano messe in risalto dalla comunicazione non verbale. Ci facciamo “portatori di emozioni”: nel rileggere e raccontare delle notizie, come un giornalista può farsi “portatore di emozioni” in modo autentico?

L’autenticità fa la differenza: l’unico modo che si ha per essere portatori autentici d’emozioni è proprio quello di essere se stessi. Anch’io quando conduco dei programmi in televisione mi impegno ad essere autentico. Quando racconto dei fatti di cronaca cerco di far trasparire ciò che sento e che penso. Mi immedesimo nell’accaduto ed “empatizzo” con ciò che mi circonda. Il giornalista che sono, coincide con l’essere umano che sono.
All’interno di un Cre, quanto è importante la comunicazione? Perché?
Io sono ciò che sono perché ho fatto il Cre. Ero un ragazzino timido, un po’ impacciato e che faceva fatica a parlare, ma in oratorio mi è stata data la possibilità di esprimermi. I sacerdoti e gli educatori che ho incontrato si sono presi il famoso “rischio educativo” affidandomi delle responsabilità che mi hanno fatto crescere. Quindi penso che il Cre sia il luogo in cui si mette a frutto il proprio tempo libero. Si gestiscono le proprie giornate in maniera buona entrando in relazione con gli altri, vivendo esperienze comuni e mettendosi al servizio. Proprio per il tipo di esperienza che è il Cre, la comunicazione è fondamentale. Innanzitutto, è attraverso la comunicazione che si invita alla responsabilità e si educa. In secondo luogo, il Cre è il luogo in cui si vive la comunità in senso ampio: dalle risorse messe in campo agli incontri fatti. La comunicazione è importante al Cre come l’aria che si respira.

Oggi più che mai è urgente affrontare il tema delle emozioni. La pandemia ha segnato particolarmente il vissuto delle giovani generazioni e l’umano, essendo fatto di emozioni, ha bisogno di alfabetizzare ciò che sente per riconoscere. Quanto è importante avere una grammatica emotiva? Quali possono essere le linee guida per costruirne una comune e comunicare al meglio?

Già che si senta il bisogno di una grammatica delle emozioni è un bel segnale ed è un passo in più rispetto al passato. Spesso ci si concentrava molto sulla ragione lasciando le emozioni in serie B. Tutta la sfera emozionale era percepita come un qualcosa di istintivo e sono state escluse per diverso tempo dalla rilettura dell’umano. Questo riconoscimento, invece, dà valore alle emozioni che ci distinguono l’uno dall’altro rendendoci unici. Noi siamo stati creati anche con questo aspetto, Dio non le ha escluse. “S’è fatto uomo” e l’umano è fatto anche di emozioni quindi le ha provate Lui stesso sulla sua pelle. Credo quindi sia importante creare una grammatica emotiva. Essa si costruisce chiamando le emozioni per nome e rileggendo l’esperienza. Nella vita possono capirci tante cose, ma solo rileggendole diventano esperienze con un significato. Dare la possibilità della rilettura e aiutare a capire cosa abbiamo provato è un’abitudine importante per non perdere ciò che viviamo.

Domanda off-topic, ma dedicata ai giovani scrittori che si stanno mettendo in gioco in questi giorni al CRE. In molti oratori ci sono dei laboratori inerenti alla scrittura, al video making e, in generale, al racconto dell’esperienza. Ha qualche consiglio per un giornalino del CRE con i fiocchi?

La parola ha bisogno di un grande allenamento: è una capacità e come tale va allenata. Oggi abbiamo a disposizione tanti strumenti e diversi linguaggi attraverso cui esprimerci quindi è importante dare ai ragazzi la possibilità di sperimentarsi e di raccontare ciò che stanno vivendo. C’è un capitale narrativo che ci distingue e ci valorizza come uomini che ha bisogno di avere un suo spazio. Il giornalino, i filmati e le fotografie conservano la memoria andando a creare un patrimonio comune. Un domani andando a rileggere quelle pagine e a rivedere quegli istanti si potrà rivivere l’esperienza e non andrà persa.

Un augurio a tutti gli oratori per comunicare carichi di entusiasmo tutte le loro emozioni al mondo.

Il mio augurio è di non aver paura e di essere coraggiosi. La fortuna che ho avuto da adolescente è stata avere accanto persone che si fidavano di me. In oratorio mi hanno dato una responsabilità e questo mi ha fatto crescere. Non abbiate paura di fidarvi dei vostri adolescenti.
 
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