Impegnarsi quotidianamente per costruire la fraternità

Elena Sarzilla (Fileo): "Essere capaci di fraternità significa essere capaci di grandi sogni"

Essere TuXTutti è una sfida che gli oratori hanno imparato a conoscere e a vivere in questi giorni di Cre. Tra tutti gli ambiti in cui si sono immersi, forse, quello della cura della mondialità è il più complesso e sfidante perché comprende una pluralità di sguardi non indifferente. È una sfida, ma è anche una missione che ereditiamo dalle parole di San Giovanni XXIII: “Cercare sempre ciò che unisce, mai quello che divide”. Oggi con Elena Sarzilla proveremo a capire quali passi siamo chiamati a compiere per costruire un mondo più fraterno. Elena lavora per Fileo, il progetto diocesano dedicato all’intercultura e al dialogo interreligioso, che ogni estate, ormai da qualche anno, propone l’esperienza di IncontraCRE agli oratori della Diocesi. 

Se ti diciamo TuXTutti a che cosa pensi? 
Mi fa venire in mente un ideale: l’ideale di una società possibile, sognata, in cui veramente ogni uomo si impegna per gli altri. Non esiste cura senza fatica, ma se tutti danno il loro contributo, l’impegno viene distribuito su tutti e non si esclude nessuno, innescando una relazione di cura vicendevole. Diventa uno stile di approccio alla vita. 
Quest’anno il tema del Cre sono la cura e il servizio: che cosa rappresentano queste due parole per la tua professione? 
Rappresentano moltissimo. Il progetto in cui opero si occupa principalmente di animazione sociale, culturale e pastorale. La cura e il servizio sono la base per costruire buone relazioni che ci permettono di creare qualcosa insieme. Senza la cura delle relazioni, l'attenzione all'altro e la disponibilità ad investire tempo, energie, creatività e risorse nel servizio, le relazioni diventerebbero molto più fredde e verrebbe meno la base che permette di affrontare temi come i legami interculturali e il dialogo interreligioso. Questi due temi chiedono un piccolo passo oltre il servizio perché si tratta di mettersi in gioco a un livello ancora più intimo.

Di fronte alla sfida della cura della mondialità, qual è il quadro generale odierno? 
La realtà bergamasca è molto operosa ed è in grado anche di essere per l’altro, soprattutto a fini solidali. La cura della mondialità si può tradurre con uno slogan: pensare globale, agire locale. Siamo chiamati ad essere consapevoli della realtà che ci circonda senza mai relegare lo sguardo al nostro orticello, allenando la capacità di tenere gli occhi aperti sul mondo. Anche nella nostra società esistono delle storie di mondialità - è un dato di realtà - ma, delle volte, facciamo fatica ad accorgercene. Ci sono tantissimi bergamaschi nel mondo per servire e prendersi cura. Spendono il loro servizio insieme alle comunità locali, non rivestendo i panni del benefattore, ma ponendosi alla pari e desiderando di imparare qualcosa di nuovo. Riconoscerci capaci di cura, nell’ambito della mondialità, significa riconoscersi un po’ umili. Si parte per aiutare il prossimo, ma la vera rivelazione è scoprire di aver ricevuto di più di quanto donato.  

Che cosa significa essere uomini e donne capaci di fraternità? 
Essere uomini e donne capaci di fraternità significa saper vivere con un sogno davanti. Siamo consapevoli che la fraternità non è ancora la realtà dei fatti: è una sensazione che spesso si avverte, ma che si perde altrettanto velocemente. Per diventare uomini e donne di fraternità è necessario non fermarsi alle difficoltà, alle paure e alle sensazioni del “qui ed ora”, ma riconoscersi in un quadro più ampio e convincersi che non solo la fraternità è un modello possibile, ma soprattutto necessario, perché tutti possano vivere bene.

Quali azioni concrete si possono compiere per costruire una società più umana? 
È necessario un lavoro di tessitura quotidiano. È lo stesso lavoro del ragno che crea ragnatele invisibili eppure solide e complesse. Partiamo dalla nostra quotidianità allenando uno sguardo aperto, curioso e rispettoso dell’altro. Iniziamo proprio dalle piccole cose: un compagno di Cre ha una fede diversa e durante il Cre cade una delle feste principali della sua religione? Possiamo iniziare facendogli gli auguri. Con la giusta attenzione, possiamo impegnarci a ricordare i momenti importanti che vive una persona con una cultura diversa, quei momenti che scaldano il cuore di chi abbiamo accanto. Guardare il mondo con occhi diversi è un piccolo passo per costruire un mondo più fraterno. Prendiamoci del tempo per fermarci di fronte alle situazioni, soprattutto quelle che impattano maggiormente la nostra sfera emotiva e decidiamo di lasciarci provocare, anziché giudicare. Non bisogna aver paura di chiedere: informiamoci portando rispetto a chi risponde alle nostre domande. Questo scambio può permetterci di aumentare la nostra cultura generale nei confronti del mondo e la nostra capacità di interpretazione della realtà. Il modo che abbiamo per costruire la fraternità è iniziare da un “Riguarda te”. Costruire un mondo fraterno riguarda tutti in prima persona, la storia di ciascuno di noi, perché è una questione di giustizia sociale. Andando a ritroso nel nostro albero genealogico, chissà quante persone di culture e religioni diverse si sono intrecciate per arrivare fino a ciascuno di noi. Impariamo ad essere un po’ più curiosi e ci scalderemo il cuore a vicenda. 

Un consiglio a tutti gli oratori per sperimentare al meglio questo ambito della cura anche dopo il Cre.
Ci sono diversi aspetti di cui tenere conto e i consigli che lascio sono principalmente due. Il primo è quello di avere un calendario per le feste interreligiose e interculturali creato con la collaborazione delle persone del paese, del quartiere o della parrocchia che appartengono a queste culture o religioni diverse. È un modo semplice per ricordarsi dei momenti speciali gli uni degli altri. Il secondo è quello di essere molto attenti a non considerare nessuno lontano, escluso o straniero. 
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