Ora parola ai corsisti, ai veri protagonisti di questa avventura che li ha portati a confrontarsi con sé stessi, gli altri e con realtà diverse dalla loro. Il corso residenziale di Mezzoldo è possibile grazie a loro e al desiderio di continuare a spendersi per l’oratorio con maggior consapevolezza e uno sguardo più ampio.
Sessanta giovani provenienti da tutta la diocesi di Bergamo con il desiderio di essere formati per diventare educatori capaci di incarnare al meglio il vero senso del vivere in oratorio: Mezzoldo è stato questo, ma anche molto di più. Il tutto ha preso il via domenica 28 agosto al Rifugio Madonna della Neve grazie all’Ufficio Pastorale Età Evolutiva. Momenti di formazione frontale si sono alternati a momenti di condivisione in gruppo e ad altri di svago. Ai circa sessanta ragazzi accolti quest’anno non sono mancate le visite, come quella di alcuni tra i primi corsisti insieme a Don Tarcisio Tironi, primo direttore UPEE e creatore del corso di Mezzoldo, e quella di Don Loris Fumagalli e del musicista Valerio Baggio, che hanno animato i canti della messa finale. È stata un’avventura condivisa tra animatori e corsisti e arricchita da chi ha voluto condividere con noi un pezzo del percorso.
Se la giornata di domenica ha avuto prettamente l’obiettivo di rompere il ghiaccio con giochi, suddivisione in gruppi e animazione, già da lunedì si è entrati nel vivo del corso: ogni giorno le attività cominciavano con un momento di spiritualità caratterizzato dalla lettura del Vangelo e del diario di San Luigi Maria Palazzolo, sacerdote nato nel 1827, ricordato per aver aiutato, a proprie spese, i giovani in difficoltà della Bergamo di quel periodo proprio nella forma dell’oratorio. Attraverso le attività quotidiane si rifletteva sulla figura dell’educatore e, soprattutto, è emersa la differenza tra un animatore e un educatore. Se l’animatore deve semplicemente intrattenere chi gli sta intorno, un educatore ha il compito di educare, di stare accanto con una cura pensata.
Noi educatori, però, viviamo in un determinato contesto: l’oratorio. Ripensando allo stile che don Bosco ci ha lasciato in eredità, possiamo rileggere l’oratorio come una casa che accoglie, un cortile per incontrare, una scuola e infine una chiesa. Da questi input, ciascun corsista ha rivisto il proprio ruolo all’interno dell’oratorio ed ha allargato lo sguardo al futuro.
Durante il quarto giorno grazie alla visita di Mattia Cabrini, formatore F.O.CR. (Federazione Oratori Cremonesi), si sono svolte delle attività sul tema della fragilità. A ogni corsista veniva chiesto prima di mettersi in gioco singolarmente di fronte a tutti gli altri, poi in gruppo e, infine, con gli occhi bendati, di affidarsi a un altro compagno nello svolgere alcune prove. Scopo delle attività era quello di dimostrare la forza delle fragilità umane, che spesso vengono concepite esclusivamente come un limite. Per la serata conclusiva, don Emanuele ha celebrato la messa, momento in cui è stato possibile sui giorni trascorsi insieme pregando sulle parole tratte dal brano della “Pesca miracolosa”. Prima del rientro a casa, partendo dalla lettura della parabola del seminatore, è stato chiesto ad ogni corsista di scrivere una lettera a Dio, cercando di ripercorrere in poche righe le tematiche approfondite.
Dopo un momento di confronto all’interno dei singoli gruppi, don Emanuele ha pronunciato il discorso finale per concludere questa esperienza, ripercorrendone i tratti più significativi e ringraziando tutti i presenti e tutti coloro che hanno permesso lo svolgimento di questo Mezzoldo 2022. Con le sue parole Don Emanuele ha voluto offrire alcuni consigli a tutti i corsisti per indirizzarli verso il loro cammino futuro.
Nonostante Mezzoldo si proponga come un corso di formazione per educatori d’oratorio, ai corsisti durante i cinque giorni non sono state consegnate formule magiche o un modus operandi infallibile. Il vero scopo dell’esperienza non è stato semplicemente quello di “imparare” a fare l’educatore, ma quello di imparare a porsi domande e a riflettere su tali domande, anche quando non si trova o non ci può essere una risposta, accettando le proprie fragilità e i propri dubbi, perché, citando San Luigi Maria Palazzolo: “là dove nessuno arriva, arrivo io, così come posso”.