Prendersi cura della nostra casa comune è un gesto a cui siamo chiamati ogni giorno e, nemmeno da quest’azione, il Cre può definirsi esente. Questo può essere davvero un tempo prezioso in cui tra giochi, attività e informalità si stimolano i più giovani della comunità a vedere questo ambito della cura non tanto come un sacrificio, ma come una nuova opportunità: una necessità che può portare nuovi frutti. Paolo Confalonieri, 54 anni, è giornalista e dal 2017 dirige la rivista Orobie, il mensile che racconta la bellezza delle montagne bergamasche e non solo. Con lui proviamo a capire come la cura del creato si intrecci con il tempo del Cre e il valore di questo legame prezioso.
Se ti diciamo TuXTutti a che cosa pensi? Puoi raccontarci una situazione in cui l’hai sperimentato?
Quando sento dire TuXTutti penso a un gruppo di persone che si affida a qualcuno e questo lo sperimento spesso sulla mia pelle. Delle volte capita che gruppi di amici, ma anche di conoscenti o di persone che partecipano alle iniziative organizzate da Orobie, si affidino a me per un'escursione o una visita guidata nella natura. Chi va alla scoperta di un luogo si fida della guida sia sul percorso che nelle diverse situazioni che si propongono. Se devo indicare un episodio in particolare, scelgo il cammino svolto sulla Via degli Dei. L’anno scorso con alcuni adolescenti di Cerete, il mio paese, abbiamo camminato insieme per cinque giorni sulle colline dell'Appennino tra Bologna e Firenze. Io ero una delle guide, avevo la mappa e ci sono stati momenti in cui tutti hanno fatto affidamento proprio su ciò che dicevo io. Non solo i ragazzi, ma pure gli adulti. Posso dire che per me TuXTutti è sinonimo di una relazione di guida e affidamento.
Quest’anno il tema del Cre sono la cura e il servizio: che cosa rappresentano queste due parole per la tua professione?
Cura, per la nostra rivista, si traduce con la scrupolosità nello scegliere le parole, ma anche nel fornire con precisione le informazioni e nell’osservanza dei tempi in ogni tabella di marcia. Il nostro lavoro è fatto anche del rispetto della bellezza nei racconti che proponiamo, il cui traguardo è sempre la bellezza dell’intera rivista. La parola “servizio”, invece, descrive tutta la nostra dedizione nel portare avanti il magazine Orobie nei confronti dei lettori che, nonostante i loro impegni, il tempo che è sempre poco, le preoccupazioni e le difficoltà, ci aspettano ogni mese in edicola o nelle loro case. Ci sono persone che sono abbonate da oltre 30 anni e hanno trasmesso questa passione ai figli e ai nipoti. Il nostro servizio è dedicato a loro. Un servizio, come dicevo, fatto di dedizione e attenzione.
La cura del creato è uno degli ambiti della cura presentati nel tema del Cre di quest’anno: come la descriveresti in tre parole? Perché?
Mi vengono in mente queste tre parole: rispetto, conoscenza e amore. Penso che il rispetto si possa vivere attraverso una cura lungimirante. Quando usiamo le risorse del pianeta, occorre immaginarci chi verrà dopo di noi. La seconda parola è “conoscenza” perché credo sia molto importante essere consapevoli della ricchezza che ci circonda e quindi, inevitabilmente, anche della bellezza del creato. Ciò che lega l’amore alla cura del creato, invece, è il ruolo che abbiamo sul pianeta. Siamo chiamati a essere custodi del creato: è tra le cose più preziose di cui prenderci cura con amore, sia con i nostri gesti che portandolo nel cuore.
Come può la comunicazione mettersi al servizio dell’ambiente?
La comunicazione ha il compito di far conoscere le peculiarità uniche e irripetibili dell'ambiente. Tutto ciò è possibile se si danno informazioni corrette raccontando la ricchezza, la fragilità e i rischi che si corrono quando si tratta di ambiente. Il ruolo dell’informazione dev’essere anche quello di aumentare la consapevolezza e la responsabilità rispetto a questi temi da parte di ciascuno di noi.
Nell’educare alla cura del creato, è necessario un “riposizionamento dell’essere umano”. Che cosa significa questa frase per te? Quali sono le azioni concrete da mettere in atto?
Questo concetto va a sottolineare quanto sia importante interrogarsi sulle conseguenze di ogni nostra azione. Siamo chiamati ad agire in modo opportuno per migliorare la nostra sostenibilità all'interno di questo delicato equilibrio. La prima attenzione da introdurre è quella relativa ai consumi, sia energetici che alimentari, mettendo al bando ogni tipo di spreco. È necessaria una visione più ampia di ciò che desideriamo fare che ci porti a evitare le esagerazioni.
Un consiglio e un augurio a tutti gli oratori per crescere generazioni più consapevoli dell’importanza della cura dell’ambiente al Cre
Innanzitutto, è importante far passare il concetto che il tempo del Cre possa essere propizio per far respirare la bellezza della condivisione di ciò che si vive, ma anche di ciò che si sperimenta. È un processo che inizia con la costruzione di uno stile. Per esempio, nel vivere il Cre si possono affrontare attività e impegni senza la frenesia del tempo ordinario: si può affrontare tutto a passo lento. Andando piano e camminando con attenzione, si può assaporare la bellezza di ciò che ci circonda. Non è necessario spingersi lontano dal contesto in cui si vive per godere di una bella giornata: delle volte, basta andare al parco del paese per riscoprire le particolarità nascoste dei nostri territori. Non necessariamente si devono trascorrere ore sul pullman da un capo all'altro della provincia per vivere dei bei momenti. Proviamo a rivalutare anche gli spostamenti con la bicicletta e a piedi, proponiamo qualche attività con scopa e rastrello: alleniamo la consapevolezza dei nostri ragazzi attraverso questi piccoli, ma grandi gesti. È una cura sia nei confronti dell’ambiente, ma anche della comunità a cui si ricambia con gratitudine. Significa tradurre nel concreto il concetto di “TuXTutti”: io mi metto in gioco per gli altri, gli altri si mettono in gioco per me. Il Cre è un tempo prezioso per trasmettere significati e stili buoni.