Dopo 12 anni vissuti in oratorio e a occuparmi di oratorio come curato (prima per otto anni all’oratorio di Cologno al Serio e poi quattro a Osio Sotto) e dopo sei mesi al servizio degli oratori di tutta la diocesi come direttore dell’Ufficio per la Pastorale dell’Età Evolutiva, mi convinco sempre più di come non esista nulla come l’oratorio. Più ci mettiamo alla ricerca di esperienze pastorali alternative o pratiche d’avanguardia, più ci rendiamo conto che non c’è niente come l’Oratorio. É che se ci sarà qualcosa oltre l’Oratorio, non ci sarà qualcosa senza l’Oratorio. Questo non significa peccare di presunzione o sottrarci dalla fatica di pensare a nuovi modelli, dal farsi carico di una nuova idea che può assomigliare a un salto nel vuoto o dall’impugnare il pennello per ravvivare la tela con nuovi colori. È più una presa di consapevolezza di uno strumento pastorale straordinario che la tradizione bergamasca ci ha consegnato e il cui potenziale è ancora incredibilmente attuale, portatore di una speranza che farà il suo corso e giungerà alla sua meta passando per il magazzino disornato, la rete del campetto appena sistemata e il cuscino in chiesina che attende qualcuno che si fermi nel silenzio. Ogni centimetro quadrato dei nostri oratori ne dà testimonianza perché tutto concorrere a crescere i “buoni cristiani, onesti cittadini” di domani, come sognava quel santo prete torinese che di oratori se ne intendeva bene, e che domani la Chiesa universale onora: San Giovanni Bosco.
Passeggiando per i nostri oratori con un po’ di spirito di osservazione, ci rendiamo conto come nulla sia finito lì per caso. La panchina nel cortile, il pallone disperso sul tetto del teatro, il calciobalilla vicino alla finestra del bar, i pastelli sul tavolo in attesa del doposcuola, la tazza di the ancora bollente sul bancone, il post-it con la lista della spesa attaccata alla porta della cucina, il Vangelo a due passi dall’altare della cappella: tutto ha come obiettivo la cura delle giovani generazioni. Ogni singolo centimetro quadrato, ogni singolo oggetto. Anche il rubinetto che perde nei bagni può essere un’opportunità di crescita se mettiamo il cacciavite in mano all’adolescente che aiuterà il più storico dei volontari ad aggiustarlo. Ogni centimetro quadrato può essere prezioso se lo abitiamo e ne riconosciamo il potenziale di cura. Nel cortile si vivono gesti di fede concreta attraverso l’accoglienza e il servizio alla quotidianità di chi lo abita perché, nonostante le possibili fatiche, la cura di chi accoglie è alimentata da Dio che non si dà mai per vinto con l’uomo. Su quei tavoli che si improvvisano banchi di scuola risiede tutto il desiderio di donare nuovi mezzi alle donne e agli uomini di domani per abitare il mondo. Tra i materassini gonfiabili e una cucina affollata nei giorni di vita comune possiamo scovare come la fraternità, l’essere casa, intessa sempre di più la vita delle giovani generazioni con il Vangelo. Perché non esiste una distinzione tra fede e vita, un interruttore che si spegne e si accende la domenica o quando solchi la soglia della chiesa, ma esiste Qualcuno che ti ama e si prende cura di te mettendosi in cammino con te, ti attende sui cuscini della chiesina, ed è pronto a incontrarti e ad amarti quando pieno di entusiasmo entri nel campetto a giocare con i tuoi amici e quando stanco la sera, al grido del don “Si chiude!”, saluti i tuoi amici dandoti appuntamento a domani.
A dire il vero un interruttore esiste in oratorio ed è stato accesso diversi secoli fa quando ha preso corpo quell’intuizione straordinaria che ancora oggi tiene accesi i nostri Oratori: è possibile creare un posto capace di educare alla vita buona del Vangelo. E di farlo non con discorsi o prediche, ma con la testimonianza e l’esperienza di una vita illuminata dalla Sua Parola e dalla Sua presenza, nella quotidianità e nella fraternità. Ecco perché non c’è niente come l’oratorio. Alla vigilia di una ricorrenza così cara al mondo degli oratori, il mio augurio vuole semplicemente essere una spinta per prendere consapevolezza del grande dono che abbiamo ereditato e stiamo continuando a modellare. Continuiamo a tenere accesa questa lampada, questa idea che rivoluziona il mondo ogni giorno proprio perché intrisa di Vangelo: continuiamo ad illuminare l’oratorio con le nostre vite.