L’inizio dell’anno pastorale è il tempo della ripartenza, della consegna dei mandati a chi sceglie di spendersi al servizio della propria comunità. In oratorio tutto ciò si manifesta come un impegno nello stare accanto alle giovani generazioni in una storia che racconta come anche i giovani stessi siano protagonisti di questa cura. Non sono pochi gli adolescenti che, una volta cresciuti e diventati “grandi”, scelgono di spendersi per chi ha qualche anno in meno di loro come qualcun altro ha fatto con loro. Ed è bello vedere quando questo qualcuno adulto continua a far parte del cammino. A pensarci bene sembrerebbe una scommessa folle, eppure solo “chi ci crede vedrà germogliare quel seme” com’è stato augurato a centocinquanta educatori presenti al Trivial Party di venerdì scorso: un evento in cui diversi educatori degli adolescenti provenienti da tutta la diocesi si sono trovati all’oratorio di Seriate per iniziare un nuovo cammino insieme.
Dopo l’accoglienza e qualche chiacchierata nell’informalità, ogni educatore ha raggiunto il suo gruppo composto da giovani e adulti provenienti da realtà differenti dalla propria. Attraverso il gioco-quiz Trivial, hanno potuto fare squadra e sfidarsi per approfondire la figura dell’educatore. Domande a brucia pelo, giochi e attivazioni hanno guidato il confronto tra oratori in un contesto ludico che ha aiutato a superare la timidezza iniziale. L’eterogeneità del gruppo – composto da persone d’età, provenienze e ruoli diversi – ha permesso di guardare ai sei argomenti proposti con occhi nuovi. Dalla condivisione di piccoli “segreti del mestiere” o di alcune idee per coinvolgere gli adolescenti si è giunti a chiedersi cosa significhi “Spiritualità” per sé e per la propria realtà: un condensato di riflessioni tutte avvenute davanti a un tabellone da gioco. Ad ogni lancio di dadi si poteva scoprire cosa l’altro intendesse per “Essere educatore”, cosa suscitasse in lui la parola “Oratorio”, come vedesse gli adolescenti, quali sensazioni smuova in lui la sfida della spiritualità, con quale impegno vivesse la relazione educativa o cosa proponesse nell’ambito della progettualità. Un confronto che ha fatto sentire tutti un po’ meno soli e provocati dai diversi sguardi intervenuti durante il gioco.
Conclusa la parte di gioco e confronto all’interno del gruppo, gli educatori hanno vissuto un momento di plenaria in cui tirare le fila della serata. “Quando abbiamo pensato alla serata Trivial Party volevamo creare uno spazio di pensiero e confronto e questo si è realizzato grazie a voi che vi siete messi in gioco” ha sottolineato Elena Moioli, collaboratrice UPEE a coordinamento di una rete nata per sostenere l’operato degli educatori degli adolescenti negli oratori. La proposta formativa, infatti, è portata avanti dalla collaborazione tra l’Ufficio della Pastorale per l’Età Evolutiva, l’Ufficio per la Pastorale della Famiglia, l’Ufficio per la Pastorale delle Vocazioni, l’Ufficio Catechistico e i Consultori Diocesani della Fondazione Angelo Custode per offrire una formazione arricchita dai tanti sguardi coinvolti. “Stasera abbiamo giocato per portarci a casa qualcosa – ha proseguito Elena-. Il gioco-quiz Trivial è stato il mezzo attraverso cui abbiamo creato un confronto che speriamo possa aver arricchito ciascuno di voi. Come educatori siamo chiamati a formarci, a non sentirci mai arrivati. Trovare del tempo per fermarci e formarci è un’attenzione che aiuta noi e fa bene anche a chi ci viene affidato. Anche un momento leggero può regalare spunti, idee e consapevolezze profonde”.
È in contesti come questi che tutti i sentimenti provati in quel famoso dialogo che dà il via al proprio cammino (-“Vuoi essere educatore?” – “Ma perché proprio io?”) trovano casa e quel “Sì” successivo trova coraggio di fronte ai “Ma chi te lo fa fare?”. Ti guardi attorno e scopri che altri giovani e adulti si mettono in gioco come te, ti siedi a un tavolo e guardi oltre il tuo oratorio, chiacchieri con qualcuno e inizi a sentirti meno solo. “È scritto anche nel Vangelo: i discepoli vengono mandati a due a due -ha detto don Gabriele Bonzi, direttore UPEE, durante il momento della preghiera-. Questo dice quanto non siamo soli nel nostro cammino. Non sentitevi soli, non sentiamoci soli. Sappiamo che essere educatori è una bella sfida: occorre l’equipaggiamento giusto, serve lasciare andare qualcosa e comprendere in quale direzione stiamo andando. Di fronte a tutto ciò, però, noi ci siamo e siamo con voi. Far crescere gli adolescenti sembra quasi impossibile, ma l’educatore è colui che ha uno sguardo di speranza. Chi ci crede, chi mette il suo impegno al servizio di questi semi, li vedrà germogliare”. È un augurio che suona come una promessa, ma realizzabile solo grazie alla volontà di chi sceglie di esserci per i propri adolescenti. Non importa quanto il cammino potrà risultare impervio, dopo venerdì scorso, la speranza è che tutti si sentano un po’ meno soli e un po’ più felici di giocarsi su nuove strade.