Scegliere di fare oratorio significa prendere una direzione forte e mettere in conto le continue evoluzioni: non è questione di moda, ma della ricerca continua di un linguaggio comune attraverso cui trasmettere e far vivere il Vangelo ai più giovani, in un modo in continua evoluzione. Così, nel 1985, seguendo questa logica, il vescovo Giulio Oggioni segnerà la storia degli oratori bergamaschi con una scelta riassumibile in un motto molto efficace: “Per ogni campanile, un campo”. Sancendo un legame ancestrale tra oratori e sport, che sabato mattina è emerso chiaramente come decisivo e quantomai attuale.
Per comprendere quanto lo sport sia importante per gli oratori, basterebbe riprendere le parole di Papa Francesco in occasione del 70esimo del CSI. “Tante delle vostre società sportive - aveva detto il Santo Padre rivolgendosi ai presenti in piazza San Pietro- sono nate e vivono all’ombra del campanile. È bello quando in parrocchia c’è il gruppo sportivo, e se non c'è un gruppo sportivo in parrocchia, manca qualcosa. Ma questo gruppo sportivo dev'essere impostato bene, in modo coerente con la comunità cristiana, se no è meglio che non ci sia! Lo sport nella comunità può essere un ottimo strumento missionario, dove la Chiesa si fa vicina a ogni persona per aiutarla a diventare migliore e ad incontrare Gesù Cristo”.
Fare sport e farlo bene, oggi è l’obiettivo di ben 102 società sportive che trovano casa negli oratori bergamaschi. “Il 77% dei gruppi sportivi oratoriani propone pratiche sportive per bambini e preadolescenti, quindi nell'età tra i 6 e i 13 anni, e il 44% propone sport per gli adolescenti dai 14 ai 18 anni, ma una grande fetta di attività sono rivolte pure ai giovani sopra i 18 anni.” ha evidenziato Marcello Mossalli, collaboratore UPEE, nella sua fotografia presentata al convegno «Oratori&Sport». Due dati che rimandano come la pratica sportiva sia tutt’oggi un luogo di incontro significativo e uno strumento educativo valido attraverso cui entrare in contatto ed educare le giovani generazioni.
Lo sport è qualcosa di più di un modo per occupare il proprio tempo libero. É consapevolezza, questa, che negli ultimi sta crescendo rapidamente. Non tutti sanno che l’Ufficio per lo Sport della Santa Sede risulta collocato sotto il Dicastero della Cultura e dell’Educazione. Una scelta che può sempre solo un dettaglio, ma che dice molto di cosa lo sport rappresenti per la Chiesa: è il riconoscimento di come lo sport sia la forma di cultura popolare più diffusa al mondo e, allo stesso tempo, uno strumento educativo efficace che trasmette dei valori attraverso l’esperienza del gioco. “L’oratorio crede nello sport da sempre: gli oratori nascono intorno a due fuochi: la chiesa e il cortile, la formazione cristiana e quella umana. E proprio nel cortile gli oratori trovano nello sport un alleato fedele: ancor oggi i cortili, che nel frattempo hanno assunto la forma di campi o parchi, sono gli spazi dell’accoglienza a bassa soglia in cui le giovani generazioni si incontrano, si sperimentano, confrontano e misurano giocando insieme. La Chiesa si occupa stabilmente di sport perché si occupa dell’uomo, che fa sport, ama lo sport, ragiona secondo principi e criteri sportivi” ha sottolineato don Gabriele Bonzi, direttore UPEE e Assistente Ecclesiastico del CSI, prima di scendere in profondità rispetto alla valenza educativa del fare sport in Oratorio. “Imparare a giocare in campo, per imparare a giocarsi nella vita. Da subito lo sport in oratorio ha avuto questo taglio educativo che siamo chiamati a far emergere sempre di più. Ai bambini, ai ragazzi e agli adolescenti si insegna a giocare in campo perché come si impara lì si impara poi a giocare fuori dal campo, nella vita di tutti i giorni. In Oratorio vogliamo educare attraverso lo sport, più che educare allo sport. Vogliamo far crescere campioni nella vita e non solo campioni nello sport”. “Attraverso lo sport educhiamo i ragazzi ai grandi valori cristiani come quello della fatica
e del sacrificio, del rispetto delle regole, dell’avversario, dell’autorità; insegniamo ad accettare e gestire la frustrazione, a conoscere con verità sé stessi e ad accettare i propri limiti, a superare la logica dell’individualismo (la squadra conta più del singolo), ad imparare ad attendere, a una dimensione rituale della vita e a molto altro.
Un’estensione che chiama a raccolta tutta la comunità: è un’educazione a 360 gradi in cui non c’è una delega alla società sportiva come corpo estraneo che si muove negli spazi oratoriani, ma in cui allenatori, volontari e dirigenti fanno parte di un progetto educativo più grande e di una comunità educante che si prende cura delle giovani generazioni. É proprio per questo che l’oratorio crede nello sport e vi trova un alleato educativo insostituibile: perché sul rettangolo da gioco non vede crescere solamente degli atleti, ma il mondo e la Chiesa di domani.