Una fuga dalla frenesia quotidiana? Una ricetta puntuale per dare una svolta alla vita? Un metodo accurato e infallibile per ricevere da Dio la soluzione ai problemi che ci affliggono? Gli esercizi spirituali non sono niente di tutto ciò, ma molto di più hanno vissuto in Seminario ottanta giovani e quaranta adolescenti bergamaschi nel weekend appena trascorso.
Il Vescovo Francesco, che ha accompagnato l’apertura della mattinata di sabato, ha paragonato gli esercizi spirituali alla pausa musicale: non vuota interruzione che recide il pentagramma, bensì parte integrante della sinfonia. La pausa è necessaria alla composizione della vita, in primis perché nel silenzio la musica non cessa, ma continua a vivere nel suo echeggiante risuonare. E proprio il silenzio è stato cornice del quadro che si è andato a dipingere in questi giorni dentro ciascuno di questi giovani e adolescenti. In secondo luogo, la pausa è quel respiro necessario: tra una particella di ossigeno e l’altra, Dio entra come soffio che rinnova. Infine, la pausa è il momento che precede l’attacco, istante che contiene in sé tutto quello che accadrà durante il concerto.
Vivere gli esercizi spirituali significa quindi allenare lo spirito alla relazione con il Signore, con l’obiettivo di uscirne rinnovati chiedendo, come il cieco di Gerico, la grazia di vedere di nuovo o, meglio, in modo nuovo, se stessi, la realtà, Dio.
Guidati da don Alberto Monaci, come giovani ci siamo messi in cammino attraverso i luoghi della Passione di Gesù, raccontata dall’evangelista Luca. Le sei meditazioni percorse hanno preso avvio dal suo ingresso festoso in Gerusalemme, scoprendo che anche noi possiamo condividere la tempra di quel puledro che Gesù chiede di slegare e che, con la docilità di cui è capace, presta il dorso al bisogno di questo strano re. Ci siamo poi immersi nel vivo della Passione, condividendo lo stupore imbarazzato di Pietro di fronte a un Signore con grembiule e catino; insieme a lui, abbiamo provato a lasciarci compromettere da questo gesto, per poi prendere parte alla cena, che vede lo spezzarsi di un pane che è corpo, grato, donato, condiviso. Un nuovo affondo sulla figura di Pietro, dal suo scandaloso tradimento allo sconvolgente sguardo d’amore che Gesù gli rivolge, ci ha traghettato al tempo delle confessioni e alla veglia itinerante, fino all’adorazione notturna. Abbiamo raggiunto nella mattinata di domenica la vetta, andando a “vedere il grande spettacolo” della crocifissione, sostando sotto la croce, con la posa, la distanza e la parola di cui ciascuno è capace. Solo lasciandoLo accostare nel cammino abbiamo però compreso che la meta era in realtà tornare al punto di partenza. Come i due di Emmaus, abbiamo trovato il vero mandato: tornare, con mente, occhi e cuore spalancati, alla nostra Gerusalemme, lì dove la vita pulsa e brucia, nella certezza che “Egli vive”.
Gli esercizi si inseriscono nel più ampio cammino giubilare che sta intessendo il 2025, tanto che il versetto utilizzato come titolo dell’esperienza recitava: “Chi spera in te, Signore, non resta deluso”. Don Gabriele Bonzi, direttore dell’Ufficio Tempi dello Spirito, inquadra proprio sotto questa lente l’esperienza degli esercizi spirituali: “In questo anno di Giubileo, è segno di grande Speranza vedere una partecipazione così numerosa agli esercizi, tanti giovani e adolescenti che hanno il coraggio di fermarsi e di mettersi in ascolto della parola di Dio per lasciarsi plasmare dal soffio del suo Spirito. In questi giorni abbiamo visto una bella immagine di Chiesa giovane in cammino insieme: questo non può che far crescere la speranza per il futuro della Chiesa. I giovani portano nel cuore grandi domande, hanno la capacità di lasciarsi leggere dalla parola di Dio e di trovare lì le grandi risposte alle grandi domande che si portano nel cuore”.
Gli esercizi spirituali sono un’esperienza grande, non nel senso che ci sono requisiti senza i quali non li si può vivere, bensì grande di una grandezza che allarga il cuore in una misura simile a quanto ci si abbandona. L’augurio è proprio quello di lasciare che lo sguardo del Signore si posi su di noi e che, con la sua infinita misericordia, ci ami.