Si parla spesso del futuro, di come sarà il domani, di “dove andremo a sbattere” come si usa dire nelle situazioni in cui non si riesce a cogliere una strada promettente. L’immaginazione si innesca e si delinea uno scenario piuttosto che un altro in base alle considerazioni, alle idee e alle fatiche. Se gli occhi sono proiettati al futuro, però, è bene ricordarsi che a portarci in quella stessa direzione sono dei piedi che camminano nel presente. Il futuro è qui, ora, ed è possibile fare qualcosa per costruire (non solo immaginare) una Chiesa che possa ancora essere significativa per la vita dei giovani. È qui la questione e “Il Cantiere” del mese di dicembre si ferma proprio in questo punto, abitando nuove riflessioni e accogliendo nuovi interrogativi.
Al centro dell’ultimo numero ci sono i giovani, ma, andando più nello specifico, si può cogliere che, in realtà, il posto d’onore è riservato agli incontri. Incontri che cambiano la vita, incontri che accadono oggi, incontri che fanno assaporare il futuro, tutti racchiusi in due grandi fuochi: il processo “Giovani e Vescovi” e la “Giornata Mondiale della Gioventù”. I giovani, quindi, tornano ad essere protagonisti non solo de “Il Cantiere”, ma anche della Chiesa. Ed è quello di cui abbiamo bisogno. Non molto tempo fa, anche il cardinale Mario Grech aveva ribadito il concetto senza lasciare dubbi: "Se la Chiesa taglia fuori la giovane generazione dalla sua vita, è condannata a morire dissanguata". L’interrogativo che ne segue sorge spontaneo: come rendere i giovani partecipi, parte attiva della Chiesa?
La Chiesa cosa ha da dire a un giovane? E un giovane cosa ha dire alla Chiesa?
Forse prima bisogna ricordarsi che si "gioca la stessa partita". I giovani tornano ad essere protagonisti de "Il Cantiere", ma anche della Chiesa. Avete letto bene: siamo chiamati ad essere protagonisti! Prima con Giovani e Vescovi e poi con la GMG, i giovani si confermano l'adesso di Dio!
Noi siamo la Chiesa!